I GAS SERRA

I gas serra (GHG) in agricoltura sono prevalemtemente costituiti da anidride carbonica CO2, metano CH4 e protossido d’azoto NO2.  La loro attività si misura in equivalenti di CO2: fatta 1 l’attività dell’anidride carbonica, 25 è quella del metano e ben 298 quella del protossido d’azoto. In Italia l’emissione dei GHG da parte del settore agricolo è circa 7% del totale (mediamente 10% in tutta la EU) rispetto al settore energetico (oltre 83%) , 6% a quello industriale e 4% al settore dei rifiuti. La minor percentuale italiana è legata alla minore superficie ad uso agricolo rispetto ai grandi produttori europei. La decrescita dei GHG (-16% dal 1990 al 2015) è dovuto alla diminuita disponibilità di suolo agricolo, al minor numero di animali allevati (la zootecnia contribuisce per il 50% dei gas serra agricoli) e alla diminuzione dei concimi azotati.

Nel 2015 il metano costituisce il 61,6% delle emissioni, il prptossido d’azoto il 37% e l’anidride carbonica il 1.4% in termini di CO2 equivalenti e sono diminuite rispettivamente del 13.5, 19.9 e 6% dal 1990. Tuttavia il metano contribuisce per il 42% al totale delle emissioni nazionali e il protossido d’azoto è addirittura la prima fonte delle emissioni italiane con il 68.8%.  Nell’ambito agricolo il 45,9 % deriva dalle fermentazione enteriche e il 29.9 dalla coltivazione dei terreni (Italian Greenhouse Gas Inventory 2017 – Ispra).

Il settore energetico ha contribuito più di tutti al miglioramento rispetto alla situazione del 1990, mentre il trasporto mostra un trend in crescita. L’agricoltura non è riuscita finora a raggiungere gli obiettivi stabiliti. La mancanza di tecnologie e buone pratiche può esser la causa del mancato miglioramento.

Il mais coltivato per l’alimentazione del bestiame si avvale dei liquami o dei digestati come fertilizzanti azotati, ma la perdita di azoto sia in forma ammoniacale al momento dello spandimento sia in forma nitrica nei giorni successivi lo spandimento costituisce una preocupazione importante per l’inquinamento e il contenimento dei GHG in agricoltura.

Il biochar utilizzato come ammendante nel terreno può contribuire non solo alla “carbon sink”, ma anche alla riduzione dell’emissione dei gas serra.

I risultati ottenuti nella prova evidenziano sia le emissioni di GHG sia il ruolo del biochar nel contastarle, in particolare quelle di metano e protossido d’azoto che costituiscono i GHG a maggior attività.
L’andamento dei grafici cumulati sulla base dei valori monitorati, evidenzia che il rilascio del protossido di azoto in atmosfera avviene nei primi 20 giorni dall’applicazione per poi stabilizzarsi.in accordo con dati di letteratura.
L’utilizzo di digestato provoca un enissione ben maggiore rispetto all’uso di reflui e fertilizzazione chimica. Quando però si utiliza il biochar, anche somministrato con digestato, refluo o urea, le emissioni di protossido d’azoto calano ulteriormente.
Anche le emissioni di metano si sviluppano prevalentemente nei primi 20 giorni dal trattamento, benchè nel caso della fertilizzazione chimica si abbiano andamenti erratici. Chimico refluo e digestato evidenziano emissioni maggiori ripetto alle tesi cn la presenza di biochar.

andamento delle emissioni di metano

L’emissione di CO2 avviene con costanza lungo tutto il periodo di coltura. L’urea è il fertilizzante che provoca minori emissioni in linea con la mancanza di sostanza organica apportata e minore efficacia sulla flora microbica del suolo. L’utilizzo del biochar sembra addiruttura aumentare l’emissione di anidride carbonica forse a causa di un maggior effetto sulla fertilità biologica del terreno che aumenta l’attività microbiologica.